La recente indagine di Fanpage sui titoli comprati per scalare le graduatorie ha suscitato un po’ di scandalo in chi non immaginava proprio e proprio nessuno scandalo in chi - e non siamo certo pochi - da anni frequenta gli uffici in cui si nominano i docenti.
I fatti, semplici semplici, stanno così: per avere punti nella graduatoria delle supplenze - ma anche per avere punti nella graduatoria per il ruolo, che vale a dire per un contratto a tempo indeterminato - si può chiedere il riconoscimento di titoli culturali atti a dimostrare capacità didattiche aumentate: il docente conosce l’inglese, lo utilizza per insegnare, ha competenze tecnologiche: usare la LIM, il tablet, ha una patente informatica… Tutte cose utilissime, il cui possesso è dimostrato attraverso la consegna di un certificato emesso da un Ente accreditato dal Ministero dell’istruzione e del Merito.
Le migliaia che negli anni han fatto ricorso ai loro servizi sanno che qualcuno di questi Enti sorveglia pochissimo la procedura di certificazione, anzi, è deliberato complice, se non parte attiva, di un’organizzazione criminale che cede per denaro i titoli che si dovrebbero acquistare con lo studio.
Il Ministro Valditara ha dichiarato il suo impegno nel contrasto a questa perversione. Orbene, almeno per quanto riguarda le certificazioni linguistiche, il Ministero dispone oggi di migliaia di evidenze, costituite dalle valutazioni negative espresse dalle commissioni del recente concorso PNRR su candidati che avevano, nella domanda che è pure agli atti, dichiarato il possesso di una certificazione C1/C2, rilasciata da un certo Ente in una certa data.
Con davvero pochissima fatica, si può cercare se esista una correlazione tra i punteggi negativi del concorso (0/5, 1/5, 2/5) in presenza di certificazione madrelingua e determinati Enti certificatori; si troverà che tale correlazione esiste ed è riccamente documentata. Non serve riscontrare migliaia di schede, i casi sono talmente tanti che una modesta campionatura può essere sufficiente.
Rimane l’ultimo passo, verificare che gli Enti che hanno venduto i titoli C1/C2 a chi si è presentato in commissione dicendo “My name is… I live in…” e poi silenzio, siano almeno fuori dal nuovo elenco dei soggetti qualificati a rilasciare le certificazioni, prodotto dal Ministero il 24 novembre scorso e valido per tutto un triennio.
E se per caso risultasse che sì, il certificatore magico sta ancora lì, allora si potrebbe con una certa tranquillità procedere a consegnare tutto a chi deve indagare con sistemi diversi, perché non compete alle commissioni né al ministero occuparsi di false calligrafie, pagamenti illeciti o sostituzioni di persona, insomma, di falso e frode.
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