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Mi offri un lavoro? No, grazie!

L’idea mi pareva straordinaria. 

Avevamo già messo un po’ d’ordine, dopo anni di lotte con mittenti vari che chiedevano elenchi di diplomandi e diplomati anche ormai attempati, con promesse, per lo più generiche, di formazione o lavoro, e lo facevano sempre in momenti pessimi - dall’inizio degli scrutini al primo settembre, quando gli impiegati sono in ferie e, chi c’è, ha da lavorare doppio.
Oggi non diamo retta che a chi ha realmente delle posizioni aperte e è escluso da subito chi chiede nomi indirizzi numeri di telefono per conto terzi (principalmente, le agenzie interinali). 
Ovvio che la segreteria fornisce solo gli elenchi di chi ha accordato il consenso - sarà l’azienda a contattare un nome dopo l’altro, a individuare gli interessati e i disponibili, a organizzare e far sostenere i colloqui di selezione. 

A fine febbraio, ricevo una mail che mi suggerisce una nuova possibilità:

Buonasera signor Preside,

la contatto al fine di avere qualche nome di studenti in gamba in procinto di diplomarsi a giugno 2017. Scrivo per conto di XXX. La sede di lavoro è Padova. Naturalmente anche qualche ragazzo che lei ritenga in gamba dello scorso anno è un candidato ideale. Mi faccia sapere e se ha bisogno di informazioni non esiti a contattarmi.

I migliori saluti,

No lavoro nero, no voucher, no start-up che oggi ci sono e, fra sei mesi, magari no. Azienda multinazionale, investimenti in ricerca e sviluppo, contratto il meglio che si può alle condizioni attuali, possibilità di crescita professionale, inserimento a due passi da casa.
Mi viene in mente di lanciare una call agli ottanta studenti di quinta dell'indirizzo richiesto per proporre loro un primo colloquio di presentazione e selezione, se l’azienda invierà una persona a condurlo a scuola, alla presenza di qualcuno di noi - mia o di un insegnante, così capiamo e impariamo anche noi. Il mio interlocutore afferra al volo: non gli par vero di incontrare giovani in carne e ossa anziché ricevere un lungo elenco cognome-nome di decine di persone con in comune il solo titolo di studio, muto però di notizie importanti (cosa vuoi fare da grande? come ti immagini fra dieci anni? quali sono i tuoi punti di forza?). Verrà lui stesso, qualsiasi giorno, qualsiasi ora. A me sembra una bellissima cosa che la scuola possa accompagnare i suoi ragazzi fin sulla porta d’ingresso di un mestiere vero, in tempi in cui il lavoro è dato per così incerto e poco tutelato.

È perciò con notevole entusiasmo che, attraverso il pratico e non invasivo strumento del registro elettronico, rivolgo un appello a tutti i nostri studenti dell’indirizzo Informatica perché si candidino a sostenere il colloquio.

Un Istituto tecnico è vocazionalmente una scuola a medio termine. Ciò non esclude che un certo numero di studenti prosegua nell’istruzione superiore (Università, ITS), ma è ragionevole attendersi che questo accada solo per una parte di essi, che avranno scoperto nel corso del quinquennio una propensione agli studi, forti di buoni risultati scolastici. Perciò, nella mia call, avevo precisato che erano esclusi dall’invito quanti già avessero deciso per una formazione post-diploma - che nella mia idea erano già collocati, almeno per ora.

I colloqui sono andati talmente bene che la prima fase l’hanno passata tutti e dopo gli esami verranno a prenderli con l’auto aziendale e li accompagneranno al quartier generale, che si trova in un’altra regione, per il secondo colloquio. 
Tutti, proprio tutti. Tutti i tre che hanno risposto all’appello.

p.s.: ho fatto altri due test nel mese successivo, con aziende dalle medesime caratteristiche di affidabilità e garanzia, aperti stavolta a studenti di tutti gli indirizzi (in totale 157), ottenendo 5 adesioni in un caso e 3 nell’altro. A fine anno, sono stati in tutto 10 su 157 gli studenti che hanno ritenuto di avvalersi di un’opportunità per me straordinaria. Degli altri, parte frequenteranno l’Università, parte Ci provo, poi, casomai…

p.p.s.: La facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova - bacino principale di raccolta dei nostri diplomati - dichiara che, al termine del 1°anno, il 30% degli studenti iscritti è inattivo (ha fatto esami per pochissimi o nessun CFU) e il 40% abbandonerà; un universitario disperso costa 7500 € l’anno, senza contare il ritardo nella ricerca e l’ingresso nel mondo del lavoro. Non è dunque vero che tentar non nuoce, ma la domanda importante è come mai tanti giovani senza progetto, Ci provo, poi, casomai…

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