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Dignità di stampa

“Faccio il giornalista, ho realizzato un sogno? Non direi. Da bambino, mi sembrava il mestiere più bello del mondo: far conoscere le cose che accadono a chi non le sa ancora. Se poi fossi diventato una grande firma, avrei anche potuto esprimere la mia opinione, non solo raccontare i fatti. Io speravo di fare carriera e di arrivare a scrivere solo commenti.

Non è andata così, pazienza. Anche l’idea che avevo del mestiere, d’altra parte, non corrisponde. Lo scopo di un giornale come il mio è attirare lettori e non importa se, per conseguire il risultato, tocca sacrificare più di qualche briciolo di verità.
Il direttore mi dice che devo riempire per domani mezza pagina in cronaca e io scrivo qualcosa, e così mi guadagno il pane. Spesso non capisco nemmeno io di cosa si tratta in quello che scrivo, perché ho poco tempo e magari il soggetto è difficile. All’inizio, mi facevo scrupoli a tagliar corto e stavo su di notte per approfondire, poi ho visto che tanto, in impaginazione, mi tagliavano interi paragrafi e ho anche capito che la gente, in genere, ne sa ancor meno di me e prende tutto per buono. I lettori informati sono pochi, io scrivo per la pancia degli altri, che sono i più. 

Oggi non mi dò più tanta pena di capire quale sia la verità. Ho un po’ di talpe in giro che mi riportano qualsiasi cosa, io dò una mano di colore forte a un evento scialbo e guardo salire i like sulla pagina FB.
Metti questa cosa ultima qua… Mi hanno passato una circolare di una scuola sul ricevimento generale dei genitori, una circolare del cazzo in cui il preside dice che non devono tirarla tanto lunga, che sennò non si riesce a farci stare tutti. Ha ragione da vendere, mi ricordo quando era a scuola mia figlia grande, delle mezze ore in coda in piedi fuori dalla porta dell’aula e qualcuno che entrava e non usciva mai e finito là ricominciava la coda da un’altra parte, stessa solfa… 

Devo farci un articolo ma non è mica una notizia, questa, non gliene frega niente a nessuno… Per cui devo montare il caso, fare una contrapposizione, scrivere per esempio che il preside ha deciso così ma ha qualcuno contro, insegnanti, studenti, genitori… Ci piazzo due battute un po’ vivaci, inventate di sana pianta o condite con qualche parola forte: meglio di tutto è metterle in bocca a un anonimo, in modo da non poter essere smentito.
Così nasce l’interesse, facendo credere che ci sia in atto un intervento autoritario ma per fortuna c’è qualcuno che si oppone, il preside coi superpoteri da una parte e il povero insegnante a cui viene tolta la possibilità di dialogare con il genitore dall’altra… il modello è quello del carnefice e della vittima, funziona sempre.

Non era il mestiere che volevo, no. Ma più dici la verità e meno ti leggono, bisogna imparare a farsi crescere il pelo sullo stomaco.

Il momento più difficile della mia giornata è quando mio figlio piccolo, che è un ragazzino sveglio e curioso, mi chiede se quello che ho scritto è proprio vero, se è proprio così che è andata. Ecco, in quel momento lì, vorrei stare da un’altra parte”. 

Per la cronaca: pretesto della confessione sovrastante (anonima) è la circolare (firmata), n. 180 del 10 novembre 2017, indirizzata ai docenti del mio Istituto: 

Molti genitori stanno lamentando l’impossibilità di prendere appuntamento per il ricevimento generale (e talvolta anche per tutto il primo periodo nei ricevimenti settimanali), perché trovano tutti i posti già occupati. Si prega di considerare che, in sede di ricevimento generale, non possono essere dedicati in media più di 3 minuti a colloquio, salvo impedire alla maggioranza dei genitori dei propri studenti di accedere alla comunicazione con il docente. Si invita perciò a aumentare al massimo il numero dei posti disponibili (3 min/colloquio=20 colloqui/h).


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