Sul giornale di oggi la vicenda del Beccaria di Milano, con la classe dei tre studenti non promossi all’esame di Stato. Ignorando affatto il merito dei singoli casi, di cui si occupano e occuperanno assai maggiori sapienti - il giornalista e l’avvocato - per non annegare nell’ampio mare dello sproloquio, e anche per rendere omaggio all'illustre nominato sull'epigrafe del portone, potrebbe aiutare ribadire qualche dato di fatto, oltre che principio giuridico.
Fa straordinaria impressione al grande pubblico - perfino a qualche insegnante o dirigente, dimentico per l’occasione della personale pratica dei consigli di scrutinio - che uno studente sia ammesso all’esame e poi bocciato, tanto più se costui ha già in tasca il destino oltre l’esame, avendo sostenuto prove di ammissione a Università italiane o straniere.
È perfettamente irragionevole, infatti, che uno studente, esaminato lungo tutto l’anno scolastico in tutte le materie previste dal suo anno di corso, superata con esito positivo la barriera del suo Consiglio di Classe in seduta di scrutinio (ancora per quest’anno l’ammissione all’Esame di Stato aveva come requisito la sufficienza in tutte le materie), durante le prove d’Esame fornisca prestazioni tanto scadenti da non riuscire a totalizzare il punteggio minimo per la promozione, che è 60/100, una parte dei quali egli ha già in dote come credito scolastico. È perfettamente irragionevole, oppure magari la cosa non istà così.
Spesso, infatti, si presenta il caso di studenti che i requisiti per l’Esame non li hanno: valutati più volte durante l’anno scolastico, non hanno raggiunto la sufficienza e, perciò, regole alla mano, non vanno ammessi.
Ma il Consiglio di Classe non ha solo le regole, ha anche l’esperienza: e sovente, di fronte a un caso in cui sarebbe semplice e indiscutibile applicare la regola, ha perciò un moto, contrario e prevalente, ora di slancio incoraggiante: “Diamogli lo stesso la possibilità di giocarsi la partita!”, ora di dispetto stizzoso: “Non si è mai impegnato per niente, ora se la vedrà con la commissione!”. Sa infatti, il Consiglio, che sovente capita che la commissione non rilevi affatto le mancanze, che il rispetto della regola avrebbe trattenuto al di qua della soglia dell’Esame: tipicamente, quando le insufficienze riguardano discipline non rappresentate in commissione; spesse volte, però, anche per eccessiva larghezza della manica del commissario nominato sulla materia, o per benevolenza di spirito della commissione tutta, o per pavidità della medesima all’agitarsi del fantasma di ricorsi al TAR, con successivi incubi di riconvocazioni ferragostane fino a penalità pagate con la tasca propria.
La contraddizione tra il diritto e l’uso fa perciò sì che il Consiglio di Classe accordi ammissioni improprie, che, per quanto raramente, vengono smascherate in fase di prova.
Anche avere già conquistato il posto all’Università non è di per sé garanzia di alcunché, dovendosi distinguere percorsi a alti tassi di selezione da altri a alte tasse di frequenza: chi si rivolge al primo, difficilmente non supera l’Esame di Stato; nel secondo caso, le prove selettive possono esser generiche, talora perfino un poco indulgenti con candidati a cui venga in soccorso un qualche aiutino.
Si spettegola poi del professore, del commissario interno “poco attento all’aspetto relazionale, dall’impostazione vecchio stampo”, che ha deluso alunni e genitori e da cui pure si dissociano i colleghi, che in commissione non c’erano, ma si sentono titolati a concludere che bisognava dare 60 “anche se l’esame era andato male”. “Svilire” il candidato dandogli ciò che si merita è peccato grave; svilire l’esame, da parte di un docente di scuola, è raccomandato e perfino doveroso.
Il professore cattivo, per fortuna di tutti, è solo una creatura fantastica, perché il voto di commissione ha, sempre, l’assenso di almeno la maggioranza. Si può essere promossi o bocciati per un voto, ma solo perché la maggioranza minima è 4, a fronte di 3 che si sono espressi al contrario. Il singolo conta perciò per 1/7: è minoranza di principio e di fatto. Oppure, stavolta era un potentissimo dominus che ha paralizzato la commissione tutta, persuadendo almeno tre al suo osceno disegno di vendetta e rendendo gli altri incapaci di reagire con la reazione più semplice e diffusa quando sorge un problema, la telefonata all’ispettore di vigilanza.
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