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Il dado è tratto

Con la pubblicazione dell’Ordinanza Ministeriale si è completato il mosaico delle disposizioni per lo svolgimento del prossimo Esame di Stato, rinnovato a partire dall’aprile 2017 con il Decreto Legislativo 62.
La novità rivoluzionaria è una sola e non preoccupa i candidati: si tratta dell’introduzione delle prove Invalsi, che ci daranno, nel tempo, una misura attendibile (per quanto limitata a tre sole discipline) degli esiti dell’intero sistema di istruzione.

Dopo rinvii e ammorbidimenti (l’alternanza scuola lavoro ha cambiato nome e il monte ore è stato cospicuamente ridotto; l’obbligatorietà, come per le prove Invalsi, è slittata al 2020), il nuovo format dell’Esame entra in vigore nel prossimo giugno con più crediti portati in dote dalla carriera scolastica e una prova scritta di meno (quella che comprendeva più materie). La sufficienza è rimasta 60/100: l’obiettivo è dunque, in partenza, più vicino.
L’Esame, che già veniva superato da oltre il 99,5 % dei candidati, diventa ancor meno selettivo: si può venire ammessi nonostante una insu
fficienza conclamata, anche grave, anche di lungo corso: pure chi abbia deliberatamente scelto di non studiare affatto una materia, per negativo che sia il profitto conseguito, non ne risentirà ai fini dell’ammissione. Il Consiglio di Classe dovrà spiegare perché, ma c’è da star sicuri che un motivo si trova, visto che già lo si trovava prima (quando consentito non era) mettendo a verbale che “globalmente” il ragazzo se la cavava. Archiviate dunque la terza prova e la “tesina”, la cosa più spaventevole sembra ora il gioco delle tre buste, tra le quali lo studente pescherà quella dal cui misterioso contenuto avrà inizio il colloquio d’Esame.
Ma, come dice l’Ordinanza, il contenuto della busta non serve a dare che lo “spunto di avvio del colloquio”, per poi procedere alla "più ampia e distesa trattazione di carattere pluridisciplinare”. Insomma, la prima domanda - il primo “materiale” presentato allo studente - servirà solo a scaldare i motori e poi, con buona pace delle proteste scandalizzate delle anime candide (“Il colloquio non può consistere in una serie di piccole interrogazioni!”), lo studente risponderà a una serie di piccole interrogazioni, perché non c’è altro modo, in 45 minuti, di assicurare che siano coinvolte “tutte le discipline per le quali [i commissari] hanno titolo”. La commissione deve tuttavia evitare “una rigida distinzione tra le stesse”: è perciò garantita una connessione (qualunque: 
cronologica, analogica, contrappositiva,...) tra una domanda e la successiva. Il fatto è che, in tanto (poca) innovazione, non sono cambiati per nulla gli attori in scena, insegnanti e studenti, per i quali questo anno scolastico è stato più o meno uguale ai precedenti e che non assumeranno comportamenti inaspettati proprio le ultime settimane prima delle vacanze, per il solo fatto di stare all’Esame. La Fortuna ha invece baciato i Presidenti, incaricati solo di assicurare la riservatezza delle buste, ossia controllare che siano ben chiuse; compito assai più facile che garantire il rispetto del segreto del contenuto da parte dei membri della commissione. Nessuna reale sorpresa nemmeno sui due contenuti introdotti per la prima volta fra i temi del colloquio: su quella che fu l’Alternanza scuola/Lavoro ogni studente dirà cosa ha fatto, cosa ha imparato, se gli è stato utile per decidere cosa fare da grande; la domanda su Cittadinanza & Costituzione sarà rigorosamente circoscritta a quanto il Consiglio di Classe deciderà di inserire nel Documento del 15 maggio.
Ciascuna Commissione sarà, come ogni volta, il luogo della mediazione tra la legge e la prassi (a partire dal completamento delle griglie di valutazione nazionali delle prove scritte): nel farlo, agirà con criteri diversi e soggettivi, secondo la diversità dei componenti e degli equilibri che saranno trovati. 
L’Esame 2018/19, quindi, andrà proprio come i precedenti; tecnicamente, superarlo sarà meno difficile. Non è stata toccata - non poteva esserlo che sopprimendolo completamente - un’incertezza destinata a restare tale e che sostiene l’ansia, per ridotto che sia il rischio di insuccesso. È l’incertezza strutturale che riguarda l’impossibile anticipazione del futuro: non si sa quali testi saranno proposti, di quali autori, quali saranno le domande, se si sarà in grado di formulare risposte adeguate. L’Esame enfatizza la circostanza che, in ciascun giorno della vita, non sappiamo che cosa ci aspetta e se siamo abbastanza preparati e pronti per andargli incontro. Del tutto inutile rispetto ai suoi fini istituzionali (fatta salva la mera certificazione), solo in questo senso è davvero una prova. 

Commenti

  1. Arguta, al solito.
    L'ironia addolcisce pillole amare.
    E indigna più sinceramente.

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