Io non voglio pensare che il ministro e il sottosegretario all’Istruzione fingano pubblicamente di non sapere cose che invece conoscono benissimo; mi tocca perciò ritenere che non le conoscono proprio. In questo caso, però, non riesco a salvarli dalla brutta figura di aver parlato - da ministro e da sottosegretario - senza aver prima assunto neppure una minima informazione in giro, visto che nei corridoi del MIUR qualcuno in grado di fornire un’adeguata spiegazione del fatto sorprendente lo avrebbero trovato con facilità. Non fanno bella figura agli occhi miei, naturalmente, dei quali nulla importa, né a loro né a altri: ma a me piace comunque mettere le cose in chiaro.
Dunque il sottosegretario all’istruzione è sconcertato, la ministra dice che è assurdo e twitta che si augura che l’istituto comprensivo possa dare motivata ragione di ciò che ha fatto, perché “descrivere e pubblicare la propria popolazione scolastica per censo non ha senso”.
Si tratta che a Roma, sul sito di una scuola, compariva la descrizione dell’estrazione sociale dei suoi allievi, così da scoprire che i figli dei signori stanno nell’edificio di via Trionfale, nel quartiere popolare c’è il popolo mentre in un terzo plesso i figli degli alto-borghesi vanno a scuola insieme a quelli di uomini e donne a servizio nelle loro famiglie.
Il comune mortale avrà letto il giornale e si sarà chiesto quale brutto sogno abbia sognato chi si è sognato di scrivere questo sul sito di una scuola. Ma il comune mortale, appunto, lo legge sul giornale, mica sul sito della scuola, dove non sa che è obbligatorio pubblicare, su modello ministeriale, un documento dal nome "Rapporto di Autovalutazione", suddiviso in sezioni la prima delle quali si chiama “Contesto”.
La compilazione è guidata da una serie di domande che iniziano appunto chiedendo quale sia il contesto socio-economico di provenienza degli studenti. Per agevolare la risposta, il modello stesso già contiene l’indice di background socio-economico-culturale e la quota di studenti con famiglie svantaggiate o cittadinanza non italiana.
Chiedere di non pubblicare un dato che si è invitato a raccogliere suona un po’ strano e questa sarebbe la vera sorpresa del caso, che ai vertici del MIUR la mano destra non sappia cosa fa la sinistra.
Il polverone sollevato ha fatto velocemente chiudere il caso. Non che lo status economico-socio-culturale degli allievi e delle loro famiglie sia cambiato: questo sarebbe in realtà nel potere e nella speranza della scuola, almeno per i casi di svantaggio; ma è opera lunga, l’esito non è scontato e la scuola non può riuscire da sola in questo compito.
No, lo status è lo stesso di prima: alta borghesia colf badanti e autisti. Però ora si legge: “L’ampiezza del territorio rende ragione della disomogeneità della tipologia dell’utenza che appartiene a fasce socio-culturali assai diversificate». Serviva un intervento del Ministro per far trionfare l’ipocrisia.
Condivido la critica, meno la conclusione. Infatti l'elemento da sottolineare, a mio avviso, non è la necessaria analiticita' del Rav, quanto piuttosto l'opportunità di pubblicare liberamente l'intera struttura di quello che è un documento di lavoro essenziale per determinare i processi didattico organizzativi del singolo istituto e non un documento di divulgazione orientativa per famiglie e non "professionisti".
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