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Dispensa a Domicilio

Ho come la sensazione, dopo l’appello, di parlare a pallini colorati.

È un dato di fatto che il Covid ha costretto le scuole a dotarsi di strumenti che consentono di raggiungere in diretta, per via telematica, gli studenti nelle loro case; quanta didattica realmente ci sia in questo forzato aggiornamento (o, come va di moda dire oggi, accelerazione) è attualmente oggetto di ampia discussione.


La gran parte dei genitori, in particolare, percepisce la didattica a distanza più o meno come accendere il televisore. 

Ma dietro ogni trasmissione televisiva operano a decine professionalità avanzate in settori diversi che, che dallo script al montaggio, hanno curato ogni particolare, tant’è che quel che va in onda sembra vero e spontaneo, anche se non lo è quasi mai. A tenere attaccato il pubblico al televisore è cioè un enorme e ben organizzato lavoro di squadra.


In questi mesi, invece, ovunque in Italia si sostiene una ridicola battaglia sull’accensione delle telecamere, Palesatevi, Fatemi vedere che ci siete! Quante ore perse giocando a nascondino, a inseguire ragazzi che azzerano l’audio e si connettono da un’altra parte, quando non se ne vanno proprio, per ricomparire solo per l’appello di chiusura. 

Come se essere visibili bastasse per essere presenti - e viceversa, come se per essere presente fosse necessario essere visibile. 


A volte, oltre agli alunni, il professore raggiunge anche oscure platee parentali, fratelli genitori e nonni coinvolti con le enciclopedie manco fosse il quiz con l’aiuto da casa, o solo incuriositi di vedere come fanno lezione i proff. e Dirigente, non posso seguire sempre perciò non sono sicura che sia così in tutte le ore.


A volte, i ragazzi si difendono e basta. Perché anche il trash TV più disgustoso può essere apprezzabile per quanto è ben costruito, mentre la voce monotona che oltrepassa i dieci minuti di monologo va rubricata piuttosto fra le penitenze, che, se non sono proporzionali al peccato, non più penitenze si chiamano, ma vessazioni. E fate i conti quante ore fa una mattina di scuola.


Anche i professori, a volte, si difendono e basta, perché devono mettere contenuti nel registro e perciò fanno l’appello interrogano e danno compiti, e quelli che già prima, quando entravano in classe, venivano considerati dagli studenti alla stregua di un’ora buca adesso subiscono remissivi i loro alunni in pigiama, che bevono il caffè, vanno a buttare la pasta, perdono la connessione al momento giusto. 


E qualcuno, sciagurato, consapevole di non avere strumenti contro libri e appunti in consultazione, auricolari e doppi monitor, ci prova con soluzioni creative, Mettiti una benda sugli occhi così sono sicuro che non leggi, e giù a picco nel caso mediatico che, appunto, ha i mezzi della TV e ecco che una lezione su Zoom viene raccontata come un sequestro dell’ISIS, manca solo il mitra puntato ma a ben vedere è circa lo stesso perché è un’interrogazione e la ragazza se si ribellasse potrebbe ricevere un voto negativo perciò.


I genitori pensano che sia facile e, perciò, dovuto. Mio figlio si è alzato con il mal di testa/oggi piove a dirotto/nel pomeriggio avrà una partita importante, non è meglio se sta a casa in DaD?


Basta fare clic, no? E, se uno non vuole, mette il pallino. 


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