Il Documento del 15 maggio compare, per la prima volta, nella legislazione italiana nel D.P.R. 323/98, previsto dalla legge 425/97 di Riforma dell’Esame di Stato.
Esso aveva lo scopo esclusivo di fornire alla commissione - in realtà, alla sua componente esterna (50% dei commissari, più il Presidente) - le informazioni necessarie per il confezionamento della terza prova, da formulare in coerenza con l’azione educativa e didattica realizzata nell’ultimo anno dei corso. Andavano esplicitati i contenuti, i metodi, i mezzi, gli spazi ed i tempi del percorso formativo, nonché i criteri, gli strumenti di valutazione adottati e gli obiettivi raggiunti.
Con il D. Lgs. 62/17 la terza prova scompare, ma il Documento rimane (art. 17): ancora esplicita le medesime cose (i contenuti, i metodi, i mezzi, gli spazi ed i tempi del percorso formativo, nonché i criteri, gli strumenti di valutazione adottati e gli obiettivi raggiunti) con finalità di commovente vaghezza: La commissione tiene conto di detto documento nell'espletamento dei lavori.
Perché, con la scomparsa della terza prova, il Documento è sopravvissuto? Perché nel frattempo erano spariti pure i programmi ministeriali e la commissione si sarebbe trovata senza sapere su cosa condurre l’Esame. (Moltissimi, tra gli addetti ai lavori, non se ne sono ancora accorti).
Ci sarebbe, in verità, anche un altro risvolto, a cui si presta un’attenzione ambivalente: un documento ben fatto recinta l’Esame, garantendo al candidato la conoscenza esatta dei contenuti su cui sarà chiamato a rispondere; infatti, l’Esame di Stato, diversamente da quelli a cui, di tanto in tanto, ci costringe la vita, è uno di quelli a cui si può e si deve arrivare preparati, sapendo che cosa ci dobbiamo aspettare. Sovente si chiede ai rappresentanti di classe di firmare l’elenco di questi contenuti: ma il Documento del 15 maggio non è un contratto e la sua produzione è prerogativa esclusiva del Consiglio di Classe (è scomparsa anche la possibilità di consultare a monte la componente studentesca e dei genitori). Attenzione ambivalente, scrivevo, perché talvolta il documento è apposta mal fatto, cioè i contenuti sono generali/generici e mai delimitati, in modo da poter chiedere di tutto ma, soprattutto, dover prendere per buona ogni risposta.
Accade spesso che il Documento, oltre ai contenuti obbligatori, porti informazioni aggiuntive, quali la storia della classe nel corso degli anni e nel corso dell’ultimo anno (anche disciplina per disciplina): variazioni nella composizione, continuità dei docenti, livelli di partenza/arrivo, attività svolte (gite scolastiche, incontri di educazione alla salute…). Si tratta di un allargamento indebito, per quanto non vietato, discendente, suppongo, da un qualche modello che circolò nella preistoria, quando tutte le scuole d’Italia si trovarono nella necessità di produrlo e qualche anima buona o gruppo di lavoro lo inventò e mise a disposizione. Ne sarà stato causa la volontà di presentare la classe in piena luce (o, come si dice oggi, a trecentosessantagradi), con appena, ove opportuno, qualche sapiente ombreggiatura o rinforzo di colore, in modo da promuovere nella componente esterna della commissione il giusto pregiudizio.
Perché fosse davvero completo e puntuale, furono fin dall’inizio prodotti documenti molto dettagliati, in cui Mario Rossi aveva vinto la Gara di matematica e Gigetto Neri con Paolone Bianchi fatto un’esperienza lavorativa nella palestra PeepGym. Decine di pagine che raccontavano vita morte e, raramente, miracoli della classe.
Il Documento andava affisso all’albo in men che non si dica, e ciascuno che avesse interesse poteva averne copia.
Poi venne il 2010 e, con esso, il pasticcio che la parete dell’atrio, che all’occorrenza faceva le veci di albo ogniqualvolta la mole di documenti da affiggere fosse troppo estesa (per esempio, i tabelloni coi voti di fine anno) si scoprì improvvisamente spazio troppo ridotto, perché l’unico vero albo era diventato quello online. Lì spazio ce n’era da vendere, ma l’indistinto mondo dei naviganti curiosi vicini di casa arricchì la sua conoscenza con l’elenco completo dei compagni di classe di Pierantonio Verdi, 5A Liceo Classico, che avrebbe sostenuto prove differenziate, mentre Giovannina Viola equipollenti, in ragione delle differenti certificazioni di disabilità.
Direttamente investito del problema, il Garante per la protezione dei dati personali studiò la legislazione scolastica e giunse a concludere che nulla, ma proprio nulla, richiedeva di render noto al mondo che Pinco Pallino frequentava la classe che andava all’Esame, men che meno con il corredato elenco di possibili problemi e eventuali virtù. Sparirono dunque da tutti i documenti i nomi e i cognomi di tutti gli studenti (è appena il caso di dire che il principio affermato dal Garante: “escludere il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante dati anonimi” si applicava bene anche ai docenti… ché, ai fini di ciò a cui serve il documento, a nulla conta se non al pettegolezzo sapere che il prof. di Italiano, che ha fatto così poco programma!, sia il solito Gerardino Pispolò, mentre Anvedi! La Chicca Armorini di cui si dice così tanto bene, anche lei quest’anno ha fatto solo “cenni" alle serie geometriche!).
Questo secondo anno di disgrazia, in cui ancora solo il Presidente è nuovo del gruppo, speriamo sia stato l’occasione buona per promuovere e sperimentare il dimagrimento del Documento, separando, nel tutto unico che è la rievocazione, sistematica e ordinata, di tutto quello che ormai è stato, la sola parte giuridicamente rilevante: contenuti, metodi, mezzi, spazi, tempi, criteri e strumenti di valutazione, obiettivi raggiunti, con l’aggiunta di “ogni altro elemento che lo stesso consiglio ritenga utile e significativo ai fini dello svolgimento dell’Esame”. Nella cernita di quel che è utile e significativo la bussola deve restare lo svolgimento dell’Esame, non la completezza dell’album di ricordi. E rilassiamoci che, in questo secondo anno di disgrazia, il documento servirà solo al presidente per il controllo di legittimità e a far sapere agli studenti su cosa saranno interrogati.
(Perché possiamo continuare a far finta di niente e chiamarlo “colloquio”, come quello di un gruppo di amici colti intorno al tavolo da tè, ma così non è: l’Esame è e continua a essere somma di brevi monologhi e sequenze disciplinari domanda/risposta, e questo per il motivo semplice che, oltre allo studente, pure la Commissione non ha altra esperienza di “colloqui” multidisciplinar/trasversali che l’Esame stesso.
I componenti la commissione non ricevono alcuna formazione sulla valutazione di una prova complessa con questa struttura e perciò è sacrosanta l’usuale, inevitabile obiezione che ogni volta si manifesta al momento di decidere i punteggi, che sono complessivi: “Io posso dire solo come è andato nella mia materia, perché non sono in condizione di apprezzare i contenuti di discipline lontane dalle mie conoscenze” - dichiarazioni che comportano l’adozione di rimedi, come dire? creativi).
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