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B & B

Il tifone Novax ha investito solo marginalmente la scuola italiana, dove la sensibilità ai problemi del contagio è stata notevole da subito (non a caso, al personale scolastico è stata riconosciuta una priorità nell’accesso alla vaccinazione che, iniziata da marzo 2021, ha avuto adesioni altissime). La consapevolezza della elevata esposizione a possibili fonti di trasmissione (particolarmente i bambini, che non avevano obbligo di mascherina) e il timore di diventare a propria volta veicoli del virus, avendo magari la cura di parenti anzianti a maggior rischio, oltre che la speranza di evitare per sé le più gravi conseguenze dell’eventuale ospedalizzazione hanno spinto la stragrande maggioranza dei docenti a effettuare tempestivamente il percorso vaccinale. 

Tuttavia, anche a scuola c’è chi, il vaccino, non lo ha voluto: superstizione, paura, arroganza, temerarietà, pretese autonomistiche fino al disprezzo della vita hanno determinato taluno a non avvalersi di uno dei maggiori successi della ricerca e della tecnologia farmaceutica contemporanea. E vabbe’, finché son scelte, al massimo si discutono.


Ma qui non è di scelte che voglio parlare. L’autunno scorso, a fronte di un nuovo crescere dei contagi, su questi variati comportamenti si era imposto un Decreto Legge, che stabiliva l’obbligo vaccinale per alcune categorie di persone, fra cui il personale scolastico. 


L’obbligo sarebbe, in sé, una cosa abbastanza semplice, un on-off: così sì/così no, o, nel nostro caso: o sei vaccinato, o non lo sei. Se sei obbligato e non ottemperi, sei fuori. Non si fa questione di buoni o cattivi, ma del rispetto della legge in un Paese democratico, rispetto di cui fa parte anche il fatto che essa sia o no semplicemente obbedita. Beninteso, ci sta anche che qualcuno sia contrario: in tal caso, sarà disobbediente e pagherà il suo prezzo, o cercherà il soccorso della Corte costituzionale o promuoverà un referendum abrogativo.


Invece noi, già per decreto, abbiamo ricevuto l’invito alle movenze di una danza cortese: il dirigente scolastico invitava il non vaccinato a produrre entro cinque giorni istanza di vaccinazione da eseguire entro venti, che cinque più venti fa venticinque; il non vaccinato, se duro e puro, non produceva nulla; diversamente, prendeva un appuntamento ma provvidenzialmente si ammalava e non poteva ottemperare proprio…

I duri e puri sono stati, prima o poi, sospesi dal lavoro; i duri meno puri si sono riparati dietro congedi che la collettività ha previsto a presidio di ben altre situazioni, zone franche però in cui nessuno può mettere il naso (la cura dei figli, dei parenti gravemente malati); gli audaci si sono dati attivamente alle opere di misericordia corporale assistendo infermi e venendo a loro volta contagiati: poi accade che non tutto il male venga per nuocere e ricevere in cambio un Green Pass di guarigione possa essere ritenuto un compromesso accettabile. 

Per i sospesi, era già fissato al 15 giugno il rientro in servizio, che più esattamente si direbbe la riattivazione dello stipendio, visto che, a quella data, di lavoro a scuola ne avranno da fare gran poco.


Con il decreto di ieri ci siamo superati. 

L’obbligo vaccinale del personale scolastico è confermato, per cui riparte la danza cortese, il dirigente inviterà a produrre entro cinque giorni, il docente prenoterà entro venti, si arriva alla fine di aprile e… sorpresa! Il docente inadempiente stavolta non viene sospeso più, però non può stare in classe. Il dirigente scolastico deve metterlo a lavorare “in supporto all’istituzione scolastica”, inventandosi disolosacosa che lo finga impegnato almeno diciotto ore la settimana e i pomeriggi libero come un uccello, pagato come facesse l’insegnante, le classi assegnate a un supplente che, almeno per alcune discipline, sarà impossibile trovare. 


“Oneri derivanti dal presente articolo pari a euro 29.207.391”


Becchi & Bastonati.

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