Correva un anno che il registro elettronico non c’era e le informazioni contenute in quelli di carta erano più lontane, chiuse nei cassetti o lasciate sulle cattedre.
Al telefono c’è il coordinatore di classe: Preside, è successa una cosa di cui credo lei debba essere informata. Un collega ha messo una nota nel registro, gliela leggo: Lo studente chiede di andare in bagno durante il compito, gli viene negato. A quel punto si alza e fa pipì nel cestino della carta. Richiesto di chi debba pulire, risponde: Lei, che non mi ha fatto andare in bagno.
La scena per me era una di quelle che vanno oltre l’immaginazione, come certe prestazioni sportive o attività erotiche.
Lo studente, maggiorenne e quindi imputabile di reato (Lei avrebbe dovuto sporgere denuncia - mi rimbrottò successivamente il comandante della stazione dei carabinieri), aveva messo in atto un’azione talmente fuori degli schemi che a me pareva chiaro che nessuna delle punizioni da regolamento poteva fare al caso.
Doveva, anche la scuola, osare l’inosabile, come aveva fatto lui.
(A chi già si sta distraendo pensando alla crudeltà del docente bisogna far sapere che il compito durava un’ora soltanto - forse un po’ meno, essendo l’ultima della giornata - e che il patto con gli studenti era da sempre che nessuno poteva uscire durante la prova - ma l’accesso ai bagni era libero fino a subito prima dell’inizio).
Trovai un sostegno nel Dirigente dell’ufficio scolastico di allora, che coinvolse una cooperativa che ospitava, nel pomeriggio, bambini di famiglie in difficoltà. Il ragazzo andò per un periodo a sistemare il giardino e, quando gli operatori si resero conto che potevano fidarsi, anche a giocare coi bambini. La leggenda dice che per lui l’esperienza fu così importante che continuò a frequentare la struttura anche a fine pena ma, su questo, non c’è documentazione storica.
L’idea che ci ispirava era che lo studente che ha infranto la regola deve ricevere, al contrario, un’occasione di sperimentare il suo valore, in una situazione in cui non è riconosciuto come il bullo o lo zimbello, ma una persona capace di gesti positivi e gratificanti. L’idea era che dovevamo dare, invece di una punizione, un’opportunità di segno diverso, ritenendo che non possa esserci mai, nei guai grandi e piccoli che i ragazzi combinano, volontà di male da reprimere, ma solo un disagio da indirizzare.
Ci sembrò di aver toccato il cielo con un dito, ma in verità era cominciata in discesa: il nostro studente aveva, sì, messo in atto una provocazione sorprendente, ma non era un indisciplinato abituale, era maggiorenne e accettò di buon grado la sanzione.
Il caso di successo spinse l’esperienza verso la sua istituzionalizzazione, tramite un accordo con il Centro Servizi di Volontariato, per estendersi come progetto con il sostegno della Provincia e poi, a poco a poco, si arenò.
Non c’era una rete abbastanza ricca di associazioni che potessero ospitare tutti i ragazzi colpiti dalle sanzioni disciplinari - che, a norma del Regolamento delle Studentesse e degli Studenti, venivano convertite in attività sociali - perché il trasferimento della responsabilità su minori, oltretutto potenzialmente burrascosi, era un gravame eccessivo e divergente per gli operatori del volontariato. Inoltre, l’avviamento a queste attività non poteva prescindere dal contatto con la scuola e la famiglia, perché il senso di tutta l’operazione era l’elaborazione del gesto distruttivo e quindi occorreva accompagnare l’esperienza; pochissimi però erano i docenti disponibili a diventare a loro volta volontari - nel senso di recarsi, fuori orario di servizio e senza compenso, a incontrare famiglie e associazioni. Nemmeno tutti i genitori erano disponibili a prestarsi…
Così tornammo alla punizione fatta in casa, quella delle pulizie a scuola, tra l’incudine che lo studente non può fare quasi nulla - non può utilizzare alcun attrezzo o prodotto che implichi un rischio per il quale occorra essere formati - e il martello che qualcuno lo deve comunque sorvegliare e, se è un collaboratore scolastico, dopo un po’ arriva e ti dice: Preside, ci metto il doppio a pulire le aule se devo badare anche al ragazzino e, se è un insegnante, dopo un po’ va in consiglio di classe e dice: Lui ha fatto la scemenza e a noi ci tocca fare i secondini? Mai più!
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