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La colpa, la pena

Doveva essere scontato che la scuola dove è avvenuta l’aggressione a colpi di pallini all’insegnante da parte di uno studente di prima classe, con successiva diffusione del video che riprendeva la scena, avesse preso molto sul serio la cosa. 

Doveva essere scontato, perché il caso era serio: perché, di principio, il danno riportato dalla docente poteva essere molto grave, ma soprattutto perché, come dato di fatto, l’azione ha espresso lo scavalcamento di limiti auspicabilmente invalicabili (l’incolumità personale, il rispetto per l’adulto, il ruolo dell’istiituzione)  e perché la scuola è un luogo in cui si educa e la reazione al cattivo esempio condiziona il proseguimento della relazione.

Doveva essere scontato che il caso serio fosse stato trattato come richiede il rispetto dello norme chiamate in causa: dal regolamento disciplinare dell’Istituto alla legislazione penale, nella considerazione della minore età degli autori e relative garanzie. (Comprensibilmente, solo i tecnici che ci hanno a che fare le conoscono, e talvolta nemmeno loro, come mostrano alcune reazioni comparse in questi giorni sui social, a firma di insegnanti).


Comprensibilmente, i social che ci hanno abituati all’esposizione sommaria di ragionamenti di pancia si sono indignati alla comunicazione dei risultati scolastici di fine anno, che non sarebbero stati sufficientemente punitivi. Gli studenti, dice la piazza - che trova la sua anima viva negli spettacoli forti ed è perciò da sempre forcaiola - avrebbero dovuto essere bocciati. In seconda battuta, almeno ricevere voti bassissimi in condotta. 

Bocciati, cioè condannati a un anno in cui, vista la sufficienza in tutte le materie, si sarebbero dovuti presentare a scuola ogni giorno senza utilità nessuna, a mero titolo di subire una privazione della libertà personale. Praticamente, un anno di galera.


Ieri sera, il Ministro Valditara ha sgonfiato il caso, riducendo l’esito dello scrutinio a un errore tecnico, all’interpretazione riduttiva da parte del Consiglio di Classe del comportamento degli studenti, limitato al secondo periodo e non all’intero anno scolastico. Si tratta di un errore frequente, non limitato al voto di comportamento, come sanno bene gli studenti che cominciano a studiare a marzo e concludono con voti in pagella significativamente alti, come se i mesi precedenti di totale disimpegno non fossero esistiti. 

Si tratta di un errore che non è sempre veramente tale, se il Consiglio di Classe fa prevalente la tendenza al miglioramento sulla media dell’intero periodo.

Si tratta di un errore che forse non c’era proprio, perché a scuola si punta sull’evoluzione e non a rendere indelebili le macchie, perché “i provvedimenti disciplinari tendono al rafforzamento del senso di responsabilità ed al ripristino di rapporti corretti all'interno della comunità scolastica” (DPR 249/98) per cui, una volta che lo studente sia stato punito - nell’imminenza del fatto doloso - si guarda avanti, evitando recriminazioni. 


E tuttavia: come stiamo a sanzioni per infrazioni disciplinari, nella scuola italiana? 


Ho fatto esperienza di studenti che a scuola hanno portato alcolici, coltelli, pistole giocattolo, ho avuto casi di furti di password, alterazioni dei dati nel registro, furti, aggressioni verbali, aggressioni fisiche. Non ho trovato la quadra, la capacità della scuola di far fronte a questi casi si ferma a decretare che lo studente merita una punizione. 


Messe da parte la banalità della nota sul registro e del voto di condotta, la stupidità che invoca la pulizia dei cessi e la sospensione dalla frequenza, facendo mostra al tempo stesso della propria ignoranza (che senso ha sospendere un ragazzo dalla partecipazione a attività educative?) e del proprio razzismo (i servizi di pulizia pensati come attività inferiori e avvilenti), la questione è se la scuola riesca o no nello sforzo creativo di inventare alternative che siano coerenti con la propria missione, che è di aiutare a crescere, senza accontentarsi dell’idea primitiva che basti togliere o aggiungere qualcosa per regolare i conti (non vai più in gita, avrai un voto in meno in condotta, farai compiti in più, starai a scuola a fingere di lavorare insieme ai collaboratori scolastici). Questo è un compito difficilissimo.


Dissi che, secondo lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti, allo studente è sempre offerta la possibilità di convertire le sanzioni in attività in favore della comunità scolastica. 

Il Consiglio di Classe, che già sospirava di sollievo all’idea di togliersi di torno almeno per qualche giorno un caso fastidioso, accolse costernato la comunicazione e , dopo qualche attimo di silenzio: “Lei, Dirigente, cosa suggerirebbe di fare?

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