Di questi giorni abbiamo in Italia una redazione che approva la pubblicazione di una storia che commuove e indigna: una ragazza accetta di fare la “bidella” lontano da casa e riceve uno stipendio che non le consente di pagare l’affitto; è quindi costretta al pendolarismo, solo che per rientrare a casa impiega un tempo più lungo di quello in cui lavora, perché la casa è a Napoli e il lavoro a Milano. Se il caso è vero, è davvero raro. La vicenda va infatti inquadrata in un contesto assai diverso e del tutto ignoto ai non addetti ai lavori.
In Italia è possibile essere assunti nelle scuole pubbliche ovunque ci sia un posto libero, iscrivendosi in una graduatoria dalla quale, quando arriva il proprio turno, si viene chiamati, inizialmente, per sostituire assenti (“supplenze”); con le supplenze si acquistano punti e essere chiamati diventa sempre più facile (e le supplenze sempre più lunghe).
Il salto definitivo, l’ingresso nel “ruolo”, il contratto a tempo indeterminato che rende pressoché inamovibili, avviene però sempre per concorso. Esistono molti tipi di concorso, alcuni che ne portano solo il nome, perché sono meccanismi automatici che premiano chi presta servizio da più tempo. Altri sono invece estremamente selettivi da lasciare perfino posti vuoti: schizofrenia del sistema che non si riesce a correggere.
La maggiore disponibilità di posti è nelle scuole del Nord Italia e quindi è in queste graduatorie che è conveniente iscriversi (oppure: è qui che conviene fare i concorsi), se si aspira a queste carriere. Con l’unico inconveniente che le scuole del Nord sono al Nord e è lì che, in caso di convocazione, si è chiamati a svolgere quello che ha il nome nobile di “servizio”.
Mettiamo dunque di avere necessità di un insegnante per 3 ore la settimana, collocate il lunedì mattina dalle 11.00 alle 14.00, per tutto l’anno. È un’offerta di lavoro che ha dei contro: sono poche ore e lo stipendio è in proporzione; ma ha anche dei pro, il principale dei quali è che il punteggio non si riduce in proporzione; inoltre, la supplenza è lunga, quindi matura il massimo a cui possa aspirare un supplente in un anno scolastico, senza necessità di passare da una scuola all’altra per brevi periodi. È anche una proposta compatibile, per lo più, con altre attività che uno si trovi già a svolgere al momento della convocazione o che, comunque, lascia molto tempo libero.
Mettiamo che una giovane donna accetti la supplenza. La sua residenza è a 1400 km, ma lei giura che comprerà la mazzetta di biglietti aerei, che comprati in anticipo si trovano a pochi euro, e che ogni lunedì, per tutto l’anno, si alzerà alle 5.00, per rientrare a casa entro le 22.00. Mettiamo che questa promessa non sia mai mantenuta e che ogni lunedì ce ne sia una, o che si ammali lei o che si ammali un figlio.
Mettiamo di avere necessità di un impiegato amministrativo per 6 ore la settimana, collocate il lunedì dalle 8.00 alle 14.00, per tutto l’anno.
Mettiamo che un giovane uomo accetti la supplenza. La sua residenza è a 1200 km. Il giovane uomo si presenta e non giura nulla, ma lavora sei ore filate con impegno. Alle 14.00 saluta talmente calorosamente che, a posteriori, qualcuno dirà: “Più che un arrivederci, sembrava un addio!”. Perché ogni lunedì dovrà stare con il bambino e quando la scuola si arrenderà a cambiargli il giorno di presenza, per salvare sia l’esercizio della paternità sia la prestazione lavorativa, perverrà una diffida dal suo avvocato a sospendere immediatamente la compressione del suo diritto al congedo parentale.
Mettiamo di avere necessità di insegnante per sei mesi di scuola, con orario completo. Mettiamo che il supplente prenda servizio, ma il lunedì successivo sia già assente con un certificato in cui il medico di base lo dichiara “ammalato dal giorno stesso”. Residendo a 1500 km lontano dalla scuola e dovendo essere in classe alle 11.00 della mattina, non si sarebbe dovuto ammalare - se proprio doveva - quando era orma arrivato al Nord?
I casi nelle scuole italiane sono migliaia e costituiscono un problema anche perché, spesso, a queste assenze non è possibile rimediare nominando sostituti: il posto resta non occupato (alunni senza docente, istituti senza impiegati o collaboratori scolastici) perché costoro non si vedono mai, a parte lo stretto necessario per far scattare la validità del contatto e il diritto allo stipendio (basta un giorno), ma si assentano con motivazioni ciascuna di durata troppo breve per procedere a nuove convocazioni.
E qui non c’entrano niente i diritti da tutelare, che nessuno mette in questione. Qui si tratta di chi ritiene di avere il diritto di fottere lo Stato da cui ha ottenuto un regolare contratto di lavoro, da svolgere esattamente lì dove aveva espressamente chiesto - e quindi dove, adesso, non dovrebbe aver motivo di evitare di andare. Siccome, però, un tale diritto ancora nessuno lo ha ancora riconosciuto, ecco che costui o colei sono costretti al falso ideologico. Però, pessimi esempi qual sono di maleducazione civica, almeno non frequentano le scuole.
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