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A(r)mare il cane

Casuale e interessante chiacchierata con l’istruttore. Il cane è saltato fuori dal recinto, andando a azzannare un suo simile di passaggio, al guinzaglio di una coppia. Mi racconta il suo intervento risolutivo, fra il terrore dei proprietari dell’animale aggredito e la paralisi della ragazza che aveva affidato il cane aggressore, immobilizzata nel corpo a parte l’inutile voce: “Lascialo, lascialo!”. L’intervento risolutivo si è svolto in due fasi: pugno sul naso senza effetto, apertura della bocca del cane a mani nude. “Sapevo di rischiare, non si conosce mai il livello di adrenalina che ha in corpo un cane che azzanna. Poteva mordermi le mani, o mollare la preda e attaccarmi il braccio o anche voltarsi contro di me. Ma in quel momento ero lì e mi son sentito di intervenire in quel modo”.   Aggiunge: “Non succede quasi mai di scoprire che un cane che ha attaccato fosse solito farlo. La prima volta non ha precedenti, prima di un episodio aggressivo questi animali sono usualmente inoffe
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La colpa, la pena

Doveva essere scontato che la scuola dove è avvenuta l’aggressione a colpi di pallini all’insegnante da parte di uno studente di prima classe, con successiva diffusione del video che riprendeva la scena, avesse preso molto sul serio la cosa.  Doveva essere scontato, perché il caso era serio: perché, di principio, il danno riportato dalla docente poteva essere molto grave, ma soprattutto perché, come dato di fatto, l’azione ha espresso lo scavalcamento di limiti auspicabilmente invalicabili (l’incolumità personale, il rispetto per l’adulto, il ruolo dell’istiituzione)  e perché la scuola è un luogo in cui si educa e la reazione al cattivo esempio condiziona il proseguimento della relazione. Doveva essere scontato che il caso serio fosse stato trattato come richiede il rispetto dello norme chiamate in causa: dal regolamento disciplinare dell’Istituto alla legislazione penale, nella considerazione della minore età degli autori e relative garanzie. (Comprensibilmente, solo i tecnici che ci

Cani sciolti

L’anziana signora avanzava faticosamente appoggiandosi a un deambulatore sullo sterrato dell’argine. Ah, no, non è un deambulatore, è una carrozzina, è una nonna che porta a passeggio il nipote lontano dal traffico, sballottandolo un po’. No, non è una nonna, almeno non lo è in questo momento, è un’anziana signora che nella carrozzina porta un piccolo cane, riparato sotto una copertina. La sconosciuta mi addita un altro ingresso alla comprensione di quest'epoca fluida. Nella mia infanzia e giovane età avevo chiara la ripartizione fondamentale tra le specie animali: una aveva prevalso sulle altre, ed era la nostra. Da tempi così lontani che la memoria non riesce a dominare, le aveva sottomesse con pratiche diverse, dall’estinzione all’allevamento. Gli animali erano stati resi strumenti al servizio dell’uomo - per nutrirlo, coprirlo, rendergli più agevole il lavoro. Il più adattato di tutti, il cane, condivideva con le altre specie molte funzioni utili alla sopravvivenza e alla

Guadagnare per espedienti

Di questi giorni abbiamo in Italia una redazione che approva la pubblicazione di una storia che commuove e indigna: una ragazza accetta di fare la “bidella” lontano da casa e riceve uno stipendio che non le consente di pagare l’affitto; è quindi costretta al pendolarismo, solo che per rientrare a casa impiega un tempo più lungo di quello in cui lavora, perché la casa è a Napoli e il lavoro a Milano. Se il caso è vero, è davvero raro. La vicenda va infatti inquadrata in un contesto assai diverso e del tutto ignoto ai non addetti ai lavori. In Italia è possibile essere assunti nelle scuole pubbliche ovunque ci sia un posto libero, iscrivendosi in una graduatoria dalla quale, quando arriva il proprio turno, si viene chiamati, inizialmente, per sostituire assenti (“supplenze”); con le supplenze si acquistano punti e essere chiamati diventa sempre più facile (e le supplenze sempre più lunghe). Il salto definitivo, l’ingresso nel “ruolo”, il contratto a tempo indeterminato che rende press

La bidella di Vigonza

È una storia di qualche anno fa che pare di ieri, anzi di oggi, e me l'ha fatta tornare in mente il fecondo parto del giornalista che ha scritto il commovente racconto della bidella che vive sul treno. Abbiamo 18 ore da coprire nel profilo dei collaboratori scolastici, collocate nei giorni più critici - mercoledì giovedì e sabato - e cominciamo a chiamare dalla graduatoria. La signora che risponde all’appello assume servizio il sabato mattina. La sua residenza è a 600 chilometri, ma conosce qualcuno da queste parti che l’aiuterà a sistemarsi. Purtroppo, però, il mercoledì successivo telefona che le si è ammalato il bambino e perciò oggi e domani starà a casa (D. Lgs. 151/2001, Disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità). C’è il certificato di un pediatra. Il sabato telefona di essere ammalata. Alla scuola arriva il certificato telematico della guardia medica, che non si sbilancia («riferita colica addominale»). Il medico avrà forse de

Modesto contributo alla discussione

Correva un anno che il registro elettronico non c’era e le informazioni contenute in quelli di carta erano più lontane, chiuse nei cassetti o lasciate sulle cattedre.   Al telefono c’è il coordinatore di classe: Preside, è successa una cosa di cui credo lei debba essere informata. Un collega ha messo una nota nel registro, gliela leggo: Lo studente chiede di andare in bagno durante il compito, gli viene negato. A quel punto si alza e fa pipì nel cestino della carta. Richiesto di chi debba pulire, risponde: Lei, che non mi ha fatto andare in bagno. La scena per me era una di quelle che vanno oltre l’immaginazione, come certe prestazioni sportive o attività erotiche.  Lo studente, maggiorenne e quindi imputabile di reato ( Lei avrebbe dovuto sporgere denuncia - mi rimbrottò successivamente il comandante della stazione dei carabinieri), aveva messo in atto un’azione talmente fuori degli schemi che a me pareva chiaro che nessuna delle punizioni da regolamento poteva fare al caso.  Dov